Il Carnevale della Superba

Il Carnevale è una delle feste più importanti all’interno del panorama nazionale e internazionale, che vede stravaganti carri allegorici e travestimenti eccentrici colorare le strade delle città e appassionare grandi e piccini.

Il Carnevale della Superba vanta origini antichissime, risalenti al lontano Medioevo in cui non si perdeva occasione per animare la città con maschere, giostre, tornei e sfilate. Oggi la città di Genova continua a mantenere vive le tradizioni dei festeggiamenti legati a questa ricorrenza, dove le parole d’ordine sono gioia e divertimento.

La Storia del Carnevale della Superba

Le origini del Carnevale risalgono intorno al XIII secolo, quando per le strade vagavano persone avvolte nei cosiddetti “domini”, gli ampi mantelli con il cappuccio, e figure losche mascherate che commettevano crimini e vandalismo.

A ritmo dei pifferi si danzava la “Rionda“, un girotondo intorno ai numerosi falò accesi nelle vie della città, o la ‘Moresca”, un ballo di carattere drammatico richiamante la lotta tra Cristiani e Turchi e che vedeva i partecipanti affrontarsi in inchini alternati a giochi d’arme. Non mancavano, inoltre, le “Gighe” o “Perigodin“, danza dei pescatori, derivanti dal perondino toscano e dalla périgourdine provenzale.

Verso la fine del 1500, l’Accademia degli Addormentati e dei Magnifici della Repubblica introdusse l’uso dei “Carrossèzzi“, cortei che si svolgevano inizialmente sulla spianata del Bisagno, poi anche da Piazza Fontane Marose lungo Via Garibaldi e via Cairoli, via Balbi fino giungere in Piazza Acquaverde. Durante queste sfilate, le dame lanciavano fiori, i cavalieri piccole uova contenenti fragranze profumate, mentre i più birbanti si divertivano a prendere di mira le carrozze con uova marce.

Dal 1700 il Carnevale si trasferì dalle piazze ai palazzi dei nobili, mentre i genovesi prendevano parte ai “festoni” o “lanternette“, chiamate così per i lumi appesi alle pareti.

Tra il 1924 e il 1970 nacquero i “carrettini”, veicoli che davano vita al Gran Premio Indianapolis al termine delle “feriae matricularum” degli studenti universitari genovesi, i quali si lanciavano lungo le discese del Righi passando per via Cabella, Manin, Via Assarotti fino ad arrivare a Piazza Corvetto. Una curiosità: non esisteva una prima e un’ultima edizione delle corse dei carrettini…erano tutte rigorosamente la” 69esima”.

Le maschere

Il panorama delle maschere è ricco di personaggi buffi e stravaganti, che conservano i nomi della tradizione ligure e rappresentano il riflesso del carattere e degli atteggiamenti dei liguri stessi. Ecco le più conosciute:

  • Capitan Spaventa o Capitan Fracassa è una maschera risalente all’occupazione spagnola di Genova nel 1522. Si tratta, infatti, di un buffo soldato spagnolo che si vanta di avventure amorose e guerresche, con un linguaggio misto di vocaboli casigliani ed italiani. Il suo costume più tipico è un abito a strisce gialle e rosse, un mantello rosso foderato di giallo, un cappello con piume variopinte;
  • Cicciolin è la maschera eletto Re del Carnevale a Savona, l’unica inserita nell’albo ufficiale delle 50 maschere italiane. Cicciolin è un marinaio con sette figli avuti con sette mogli diverse, una per ogni porto. Dal carattere burbero, ma generoso, è rappresentato con tre collane al collo: una verde, una marrone e una azzurra a simboleggiare le colline, la terra e il mare della Liguria.
  • Baciccia della Radiccia e il suo amico Barudda sono tra le maschere principali del teatro genovese di marionette: ubriaconi, mugugnoni, ma di buon animo. Baciccia, diminutivo genovese di Giovanni Battista, si riconosce per il suo cappello rosso e blu, giacca nera e papillon. Ama bere e lottare per la giustizia punendo i malvagi con il suo bastone coinvolgendo l’amico, Barudda, balbuziente e bonaccione. Baciccia verrà detto “della Radiccia” per attribuirgli per scherzo un titolo nobiliare. In genovese “radiccia” sta ad indicare la cicoria, il radicchio o le loro radici.
  • O Paisan è il contadino dell’entroterra. Il suo costume è un cappuccio rosso di lana a strisce, la “trentinna”, cappello scuro rigido a falda larga, pantaloni e giubba di fustagno marrone o velluto verde o rosso. Porta in mano un ombrello verde o rosso, una piccola lanterna, un cestino o un sacchetto di castagne e la roncola.
  • A Paisann-a è la moglie del Paisan. Vestita con una camicia di pizzo con sopra un corpetto di velluto pesante, ha una gonna lunga colorata, righe alternate chiare e scure o a fiori e sottoveste a falde dette “fadette” con una “picaggia”. Sul capo indossa il mezzaro per portare pesi.
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