La Via del Sale: storie di ricchezza, avventura e mistero

Genova è una delle poche città caratterizzate dalla bellezza non solo della propria costa, ma anche dalla meraviglia suggestiva dei suoi paesaggi di collina e di montagna.

Tra le innumerevoli possibilità offerte dalla nostra terra, per vivere un’esperienza immersiva e travolgente va menzionata la Via del Sale, un cammino che attraversa l’Appennino Ligure composto da una moltitudine di strade e sentieri ricchi di storia e mistero.

Perché si chiama la Via del Sale?

La denominazione “Via del Sale” è legata agli antichi percorsi del commercio che collegavano il mar Ligure con la pianura Padana. Si tratta, infatti, di percorsi che congiungono l’entroterra e il mare dove un tempo carovane di muli trasportava il sale, indispensabile per la conservazione dei cibi, la concia delle pelli e la produzione di formaggi.

Persa la propria valenza commerciale, la Via del Sale si presta oggi alla scoperta del fascino di una natura prorompente e incontaminata. Da questo cammino di 73 chilometri che attraversa le province di Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova, ci si immerge in silenziosi tratti ricchi di storia, riscoprendo antichi manufatti divorati dalla ruggine, ruderi di vecchie abitazioni, lapidi commemorative di combattenti e stazioni di posta abbandonate e divenute rifugi.

La Storia della Via del Sale

La Via del Sale si consolidò nel corso del XIX secolo quando il Sacro Romano Impero, attraverso un’imponente iniziativa unificatrice, riuscì a garantire la sicurezza del suo dominio delegando la protezione a vari signori locali interessati. Questo periodo segnò un’epoca significativa per l’Europa, che intravide nuove possibilità di sviluppo dopo secoli di insicurezza, dominati da invasioni di popolazioni nomadi che, nella maggior parte dei casi, avevano l’intento di saccheggiare. In quel periodo, i sentieri della Via del Sale si snodavano attraverso le montagne cercando tracciati più diretti e brevi, permettendo ai viandanti di orientarsi.

La protezione militare di queste strade era piuttosto onerosa a causa delle tasse imposte dai vari casati nobiliari al passaggio nei loro domini. Le casate Malaspina, Spinola, Doria e Fieschi avevano il controllo su diversi insediamenti e non era raro che scoppiassero conflitti a causa di violazioni territoriali o mancati pagamenti di tributi. Nonostante ciò, chi non voleva pagare per attraversare questi sentieri cercava percorsi alternativi, rischiosi e insicuri, minacciati da impervie condizioni climatiche.

Curiosità gastronomiche: acciughe salate e bagna càuda

Secondo alcune leggende, furono i discendenti dei temibili saraceni, fondatori di Frassineto sulla Costa Azzurra, a a diffondere le acciughe, alimento semplice ma delizioso, verso l’entroterra. Sotto strati di alici preservate nel sale si celava il sale stesso, soggetto al pagamento di una tassa inevitabile. Le alici sotto sale erano a loro volta assai preziose.

Fu durante questi viaggi ardui e pieni di ostacoli, affrontando il freddo e varie minacce, che questi individui diedero vita a uno dei capolavori della gastronomia piemontese, che conserva una connessione con il mare: la bagna càuda. Questo è un piatto “comunitario”, preparato con aglio, olio extra vergine di oliva e alici dissalate, mescolate fino ad ottenere una salsa in cui si immergono verdure fresche di stagione.

Sentieri di briganti: misteri e avventura

Nonostante la protezione da parte dei signori feudali prima del Regno di Sardegna e poi dei Ducati di Parma e di Piacenza, il pericolo di aggressioni e atti di violenza per coloro che viaggiavano su queste vie rimaneva costante. Oltre ai contrabbandieri, che si cimentavano in percorsi rischiosi per evitare i dazi, percorrevano quelle vie alcuni fuorilegge che tendevano agguati ai passanti tentando di rapinarli.

Il fuorilegge più noto che terrorizzò le cime nei dintorni di Genova si chiamava Giuseppe Musso, soprannominato in modo minaccioso “u diaou” (il diavolo), mentre i “diaoui” erano i membri della sua banda. Nel 1800, durante l’assedio di Genova con i suoi seguaci supportò gli austriaci impedendo ogni ingresso alla città dalle montagne. Naturalmente, i beni sequestrati da Musso e dal suo fratello Niccolò diventavano di fatto bottino.

Negli anni successivi, si diffusero leggende sulla sua efferata brutalità e sul suo cinismo. Si racconta che fosse solito estirpare il cuore delle sue vittime ancora in vita e che costringesse spesso i suoi prigionieri a uccidersi a vicenda. Possibilmente questi racconti sono stati esagerati appositamente per terrorizzare i semplici abitanti della valle.

Villaggi abbandonati, rovine e vecchie insegne di un’epoca che pulsava di vita lungo quelle strade sono oggi una testimonianza di un luogo impregnato di storia, di incontri e di vita.

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