Giuseppe Garibaldi: Una Vita per l’Unità d’Italia

C’è qualcosa di leggendario nella figura di Giuseppe Garibaldi, nato a Nizza il 4 luglio 1807, che sfidò il destino per cambiare la storia dell’Italia. Da giovane capitano della Marina Sarda, Garibaldi trovò presto una chiamata ben più grande del mare: l’aspirazione di un’Italia unita. Fu l’incontro con Giuseppe Mazzini e la “Giovine Italia” a Marsiglia che accese in lui la fiamma rivoluzionaria. Ma il prezzo della ribellione era alto: dopo la fallita insurrezione di Genova nel 1834, Garibaldi fu condannato a morte in contumacia, costretto a fuggire dall’Europa e cercare la sua strada in terre lontane.

Ed è proprio nel fuoco delle battaglie in Brasile e Uruguay che Garibaldi forgiò il mito dell’“Eroe dei Due Mondi.” Combattente per la libertà ovunque la trovasse minacciata, fu sempre più di un semplice soldato: simbolo di resistenza e ribellione.

Ma la sua storia con l’Italia era lontana dall’essere conclusa: con lo scoppio delle ostilità tra Piemonte e Austria, Garibaldi tornò sul campo di battaglia, schierandosi con Vittorio Emanuele II nella Prima Guerra d’Indipendenza. Nel 1849 difese strenuamente la Repubblica Romana dagli assedi francesi, mentre affrontava la perdita della moglie Anita, incontrata anni prima tra le insurrezioni sudamericane. Dopo la caduta di Roma, esiliato di nuovo, trovò una breve parentesi di pace nell’isola di Caprera tra una battaglia e l’altra.

La sua impresa più audace, quella che avrebbe cambiato il volto dell’Italia, cominciò il 5 maggio 1860. Da uno scoglio a Quarto, Garibaldi salpò con appena un migliaio di uomini, le celebri “camicie rosse”, verso Marsala, in Sicilia. Quello che sembrava un sogno si trasformò in una cavalcata trionfale che travolse ogni ostacolo: Garibaldi conquistò Napoli il 7 settembre e il 26 ottobre consegnò il Regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele II, contribuendo all’unificazione dell’Italia.

Nel 1862 e nel 1867 tentò di liberare Roma dal dominio papale, ma fu fermato entrambe le volte, anche durante la Terza Guerra d’Indipendenza del 1866, pur ottenendo importanti vittorie, fu costretto a ritirarsi dal Trentino per ordine dei Piemontesi.

Gli ultimi anni di Garibaldi trascorsero nell’isolamento sereno di Caprera, dove morì il 2 giugno 1882, lasciando dietro di sé un’eredità indelebile.

Oggi, ogni anno, il 5 maggio (o la domenica successiva), la sua epopea viene celebrata con una suggestiva rievocazione della Spedizione dei Mille: a Quarto, proprio vicino allo scoglio da cui partirono le camicie rosse, si tiene una cerimonia che culmina al Museo Garibaldino. Qui, tra bandiere tricolori, gonfaloni e costumi d’epoca, rivive il sogno di un uomo che sfidò tutto per unire l’Italia, rendendo il passato vibrante di emozioni e ispirazione.

La città rende omaggio a Garibaldi dedicandogli alcuni dei suoi principali poli culturali, come la storica via dei Rolli e il monumento di fronte al Teatro Carlo Felice, realizzato dal talentuoso scultore Augusto Rivalta e inaugurato nel 1893, un simbolo eterno della gratitudine e del rispetto verso l’Eroe dei due mondi.

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